La motivazione del provvedimento amministrativo non può essere validamente integrata in giudizio, costituendo la stessa, come affermato dalla Corte costituzionale (Ordinanza n. 58 del 17.03.2017), il presupposto, il fondamento, il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 3 l. n. 241 del 1990) e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990, l'atto amministrativo dal contenuto obbligatorio. De principio vale, a maggior ragione, per il caso in cui l’integrazione giudiziale sia fondata su scritti difensivi, in quanto non promananti dall’organo della competente amministrazione, e riguardi un’attività connotata da ampia discrezionalità (nella fattispecie, quella inerente la valutazione della ragioni che possono supportate la mancata suddivisione in lotti di un pubblico appalto ai sensi dell'art. 51 D.Lgs.n. 50/2016)...
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